Non è assolutamente necessario utilizzare carte specifiche per praticare i tarocchi psicologici: I Tarocchi di Marsiglia (prodotti da Grimaud con il nome di “Antichi Tarocchi di Marsiglia”, con la scatola blu scuro) sono perfettamente idonei. Tra tutti gli altri tarocchi, questi presentano il grande vantaggio di essere anonimi – come i miti di fondazione, i racconti tradizionali, le cosmogonie – e quindi di iscriversi idealmente nell’esigenza di neutralità delle tecniche proiettive.
I Tarocchi di Marsiglia, “specchio dell’anima”
Benché la genesi sia indeterminata, i Tarocchi di Marsiglia presentano un’iconografia di ispirazione medievale mescolata a simboli cristiani. Il loro insegnamento esoterico è innegabile, al pari della portata iniziatica e universale, che non si riduce a una cultura specifica. In realtà si tratta di un insieme chiuso che permette un’infinita gamma di molteplici combinazioni
Vero è che, seguendo una linea iniziatica, non mancano comparazioni dei simboli dei tarocchi con le scuole religiose, le arti tradizionali e le diverse correnti esoteriche. In effetti, data l’estrema diversità della loro simbologia, i tarocchi possono richiamarsi a tradizioni differenti. Ciò nonostante è necessario evitare evitare, netta preoccupazione di un riconoscimento di paternità, di racchiuderli in cornici troppo rigide per uno strumento che, al contrario, vuol essere libero e universale. Il loro anonimato, vale a dire il fatto di non appartenere a un creatore noto o ignoto, e nel contempo nemmeno a una specifica corrente di pensiero, li preserva da appropriazioni dubbie e illegittime.
E’ frequente sentir dire o leggere i tarocchi sono lo “specchio dell’anima”. È vero che la formula è trita e ritrita ma ciò non la rende meno vera. In una prospettiva microcosmica, i tarocchi contengono la storia individuale di ciascuno e quindi possono considerarsi rivelatori e specchio dell’anima.
Avventurandosi nelle profondità degli arcani, lo studioso partecipa alla scoperta di sé, in essi trovando manifestata la vita intera. Ogni scena normale, ogni momento importante e ogni evento principale figurano nella continuità degli arcani. I tarocchi non sono soltanto la descrizione del mondo – quale potrebbe essere realizzata da un pittore di talento che coglie i dettagli di una sequenza della vita per ricreare sulla tela tutta la realtà, l’atmosfera, la magia a volte, dell’istante – ma stabiliscono altresì il valore esistenziale del passaggio, considerando che al di la del fenomeno (nascere, amare, lavorare, morire) si trova l’essenza. Alla luce dei tarocchi tutto, dall’insignificante al sostanziale, dal grossolano al sottile, dal concreto all’astratto, acquisisce un senso, riveste un carattere positivo, si organizza per fondare la pienezza dell’essere.
I tarocchi, nell’ambito delle arti simboliche, poggiano su due pilastri:
Exoterico: i tarocchi possono essere considerati unicamente sotto il loro aspetto utilitario (pratica divinatoria);
Esoterico: i tarocchi appaiono portatori di un messaggio filosofico e psicologico (strumento di analisi e di conoscenza di sé).
I tarocchi costituiscono anche una scuola di vita. Per chi viene iniziato ai loro misteri:
Rivelano l’individuo a se stesso (aspetto psicologico del lavoro: acquisire la consapevolezza dei propri valori, condizionamenti, limiti, scoprire se stessi, alleggerire l’inconscio, CONOSCERE SE STESSI);
Rivelano la conoscenza universale (aspetto filosofico e spirituale: accedere a un altro livello di coscienza, aprirsi alle grandi correnti esoteriche, meditare sul senso della vita, fondere alle domande esistenziali, CONOSCERE IL MONDO);
Rivelano gli altri (comprendere meglio i comportamenti individuali, analizzare una situazione data, alleviare le altrui Preoccupazioni, CONOSCERE GLI ALTRI).
I tarocchi operano sul registro simbolico. In tal senso rientrano innanzitutto nell’ambito della crittografia. Prendono a prestito simboli per lo più visivi, ma allo stesso tempo si sviluppano intorno al significato dei numeri e al valore semantico delle parole. Lo studio interpretativo consiste, analogamente al lavoro sui sogni descritto da Freud, nel restituire il messaggio latente contenuto nel materiale manifestato. Il che equivale a sostituire al codice dei tarocchi il codice della parola.
Penetrare il significato di un simbolo o di un mito mette in evidenza le proprie proiezioni e convinzioni inconsce. L’utilità, oltre al fatto di portare alla luce una conoscenza nascosta, consiste nel conferire un significato, nel trovare modelli identificativi e soluzioni. I grandi simboli universali rimandano sempre a storie individuali. In dati momenti della nostra vita siamo tutti Edipo, Cappuccetto Rosso o Tantalo. Le esperienze da loro vissute e le prove subite sono anche le nostre.
E’ per tale ragione che i miti, le leggende e le fiabe traboccano di simboli. D’altronde il bambino, avido di storie tradizionali, utilizza attivamente gli strumenti simbolici per esprimere o condividere la sua vita interiore. Tali strumenti sono in particolare il gioco creativo e il disegno. Così ciò che non può esprimere a parole (a causa della povertà del suo vocabolario o dell’intensità delle emozioni provate), lo comunica attraverso disegni o giochi.
Il simbolo è altrettanto presente in ciò che concerne la psicologia dell’adulto. Chiave di volta delle psicoterapie, di ispirazione psicanalitica o no, la libera associazione poggia sull’affermazione di catene di rappresentazioni simboliche, le quali spiegano che un’idea viene ricollegata realmente o psichicamente a una seconda idea, a sua volta collegata a una terza idea eccetera. La rappresentazione simbolica iniziale partorisce cosi una successione di rappresentazioni simboliche. Impegnandosi nel lavoro dell’associazione libera (chiamata anche associazione di idee), il soggetto risale la catena associativa per pervenire alla rappresentazione originaria, e quindi al desiderio represso o al trauma iniziale.
Al contrario di quelli consci, i contenuti inconsci non sono rappresentati da parole, ma veicolati attraverso immagini. Nel sogno, per esempio, la liberazione dei contenuti inconsci può avvenire senza sofferenza, perché i pensieri, desideri o sentimenti rimossi vengono criptati sotto forma simbolica. Quando, al mattino, il soggetto ricorda i suoi sogni – cosa che tuttavia non sempre accade – non li comprende, li trova confusi o assurdi. Talvolta si rende conto che un sogno contiene un significato importante, ma senza interpretazione esso non e accessibile al conscio.
Di conseguenza, i simboli permettono a contenuti inconsci di liberarsi, senza però che diventino consci, proprio perché sono espressi sotto forma criptata, il cui senso esige un’interpretazione. La psicologia riconosce così il fatto che spesso utilizziamo i simboli in maniera assolutamente inconscia. Anche se lo ignoriamo, portiamo in noi questa conoscenza arcaica che lega l’individuo alla collettività. Di riflesso, la conoscenza dei simboli apre la strada alla conoscenza del proprio inconscio e delle sue attività.
Due semplici esperimenti sullo stesso tema simbolico sono rivelatori della conoscenza e dell’utilizzo inconscio dei simboli:
1) Una delle tecniche di associazione libera consiste nel chiedere a una persona di associare spontaneamente e rapidamente un’idea a un’altra. La tecnica è destinata a rivelare i legami inconsci, vale a dire le catene di rappresentazione. Applicata al rosso, l’associazione più frequente, per non dire la più sistematica, è il sangue. Ora, il sangue è una significazione simbolica essenziale del rosso. Altre cose sono rosse (il pomodoro, il papavero, la fragola, la ciliegia e così via), ma hanno una corrispondenza simbolica con questo colore di gran lunga meno forte del sangue. La parola indotta (sangue) a partire dalla parola induttrice (rosso) rivela l’universalità della conoscenza e quindi la sua funzione unificatrice, ma anche la risonanza inconscia che i simboli non mancano mai di produrre. Facendo lo stesso lavoro con una parola normale, priva di valore simbolico, il risultato sarà del tutto diverso e le parole indotte presenteranno una grande diversità. Per esempio, la parola “matita” evoca associazioni differenti quali “penna stilografica”, “scrittura”, “scuola”, “carta”, ecc.
2) Una tecnica divertente consiste nel sottoporre a una persona una serie di domande semplici ma ripetitive. Si può chiedere “Quanto fa 3×4?”, poi ripetere “3×4?”, intercalando “4×3?”, con cadenza sostenuta e per un minuto buono. La persona risponderà automaticamente e rapidamente “12”. Mantenendo lo stesso ritmo, si conclude l’esperimento chiedendo di citare un colore. In genere la risposta è “Rosso”.
Questo test è una dimostrazione inversa della portata inconscia dei simboli. La persona è sensibilmente infastidita da domande ripetitive e rapide, e quindi evoca il colore che meglio traduce il suo stato di irritazione, vale a dire il rosso. Non è evidentemente consapevole del rapporto psichico, e non sceglie la risposta. E’ il suo inconscio a esprimersi, fornendo l’elemento simbolico che riflette meglio l’emozione provata. Qui il rosso indica collera, è sinonimo dell’espressione verbale “ne ho abbastanza” oppure “stop!”. Uno stop che, giustamente, è rosso, come il semaforo che ci impone di fermarci.
La vita quotidiana ci invita costantemente a interpretare simboli, allegorie o metafore. La sostituzione di un’immagine a un’idea, il sogno, il cinema, i messaggi pubblicitari, sono altrettanti esempi di questo gioco perpetuo di codifìca-decodifica. La dimensione simbolica è in effetti onnipresente ed è parte integrante della nostra vita, spesso senza che neppure ce ne accorgiamo. In origine, il simbolo era intimamente legato alle credenze e ai sistemi di rappresentazione religiosa. Se è vero che il suo carattere sacro ed esoterico tende a scomparire, l’oggetto simbolico, eterno e onnipresente, permane e viene utilizzato per scopi profani.
La madre interpreta le manifestazioni sonore o gestuali del suo bambino – la mimica, il pianto, lo sguardo ecc. – attribuendo dei significati. Ella procede a una traduzione, esprimendo in parole (per esempio, “ha fame ) dei segnali (il pianto). La pubblicità, con l’immagine suggestiva, gioca su questa capacità di interpretazione. Potremmo estendere all’infinito i riferimenti perché, consciamente o inconsciamente, l’individuo opera senza sosta questa attività di decodifica.
Naturalmente, in presenza di un simbolo si manifestano in primo luogo le percezioni soggettive, poi i riferimenti culturali e poi, ma solo da ultimo, appare la realtà obiettiva dell’oggetto. Per illustrare il modo in cui di solito avviene l’analisi, prendiamo l’esempio del colore nero:
1) la percezione soggettiva e individuale: “non amo il nero perché mi fa paura” (una sensazione che può essere legata a un’esperienza, un trauma, un evento particolare);
2) i riferimenti culturali: “il nero è triste, nel mio Paese è il colore funebre”;
3) la realtà oggettiva: “il nero rappresenta la notte, l’oscurità”.
I punti 1 e 2 fanno riferimento alla soggettività della persona, perché ciò che è valido per un individuo o una società non lo è indistintamente per tutti gli individui o tutte le società. Qualcuno può amare il nero perchè lo considera un colore che dona (punto 1) e alcune civiltà, come quella cinese, non lo collegano alla morte perchè il loro colore funebre è il bianco (punto 2). Queste 2 attitudini ci collocano nel dominio della percezione proiettiva. Soltanto la terza lettura del nero si rivela oggettiva e quindi universale: il nero rappresenta l’oscurità per tutti e in ogni epoca. E’ a partire da questa verità universale che si accede al valore simbolico del nero.
Questa scomposizione in tre tempi – impegnare la propria percezione universale, studiare il simbolo in funzione della propria cultura e infine pervenire al vero significato obiettivo, essenziale e universale del simbolo – spiega in che modo l’interpretazione dei simboli procede dalla conoscenza di sé. Infatti, la scoperta del significato induce il reperimento preventivo delle proiezioni personali, poi la presa di coscienza della loro soggettività e infine, attraverso una ricerca di neutralità, la scomparsa dell’attaccamento ai punti di vista individuali e culturali per aprirsi a una coscienza universale.
La lettura dei simboli invita costantemente a questo lavoro su sé stessi.
La scelta delle carte
I tarocchi di Marsiglia comprendono settantotto carte, ma nei tarocchi psicologici vengono utilizzati soltanto gli arcani maggiori.
Gli arcani minori hanno la loro importanza, ma non sono sufficientemente visivi o “parlanti” per favorire le proiezioni.
Le 22 lame Maggiori dei Tarocchi di Marsiglia
Il Mago
La Papessa
L’Imperatrice
L’Imperatore
Il Papa
Gli Amanti
Il Carro
La Forza
L’ Eremita
La Ruota della Fortuna
La Giustizia
L’Appeso
La Morte
La Temperanza
Il Diavolo
La Torre
La Stella
La Luna
Il Sole
Il Giudizio
Il Mondo
Il Matto